febbraio 26, 2012

Lei, lui e Lantonio

Domani colloquio con le maestre. Su mia richiesta. Del momento rock di Christian ho già parlato. Non ho raccontato invece che nelle stesse settimane le insegnanti mi buttavano lì messaggi fugaci: ultimamente mangia poco, stranamente ha rifiutato una fetta di torta, cerca molto di più suo fratello (che è in un'altra classe), ci sembra più fragile. Ma mica detti tutti insieme: un input alla volta. Che io ci ho impiegato un po' a mettere insieme il puzzle. Poi succede che una mattina quando lo accompagno gli viene il magone, non mi vuole lasciare, mi chiede se lo vado a prendere e io gli rispondo che no, viene la nonna. Così la sua maestra, proprio davanti a lui mi chiede se per caso quel giorno lì non riesco ad uscire prima per andarlo a prendere. Che son cose che si fanno davanti a un bambino, no? Così io le rispondo che sì, uscirò prima ma così facendo non risolverò il problema perché l'indomani (dal momento che io lavoro) tornerà a prenderlo la nonna. Poi lo guardo e gli dico: oggi, viene la mamma, ok? Al che lei mi dice che magari il bambino ha bisogno di passare più tempo con me e io preciso che indubbiamente il bambino è in crisi ma che io la sera quasi neanche cucino (lo faccio fare a mio marito) quindi come varco la soglia di casa mi dedico completamente a loro. Così lei ribadisce che allora il bambino deve solo accettare il fatto che la mamma lavori. E io mi sento di precisare che lavoro da quando loro andavano al nido e che sì, insomma, la cosa credo l'abbiano metabolizzata...
E allora ci penso su, ne parlo col consorte: loro lo vedono strano e probabilmente ipotizzano un cambiamento o un disagio nell'ambito familiare (con la mamma lavoratrice come ciliegina sulla torta). Noi ipotizziamo che qualcosa sia cambiato all'interno della sua classe.
Dal momento che il senso di colpa nella mamma lavoratrice è di serie, mica un optional, ho proposto a mio marito le mie belle teorie psicologiche sulle paturnie di mio figlio. Lui che è un tipo pragmatico me le ha bocciate tutte e ha poi concluso dicendo: vedrai che è successo qualcosa in classe, loro hanno troppi bambini da seguire e non si sono accorte di niente. (Io ho molta più fiducia di lui nel corpo insegnante, ci tengo a precisarlo).
L'indomani quando li accompagno, non contenta, riprendo l'argomento con l'insegnante: così tantopersapere ma Christian ha socializzato nella sua classe? Risposta: eh, in effetti un po' pochino. Avrei voluto controbattere con un cosa aspettavate a dircelo? Ma ho lasciato perdere. Nel frattempo sono passati quindici giorni. La maestra mi ha detto che sta andando meglio, e che lo ha osservato molto. Io ho appreso dell'esistenza di tale Antonio (che loro chiamano Lantonio), una figura quasi mitologica, a tratti un bambino molesto e a tratti er mejo del gruppo. L'istinto dice che in tutta sta storia c'è pure il suo zampino. Comunque, dicevo, domani ho il colloquio. Nel dubbio mi presenterei con un cartello con scritto "LAVORO PER NECESSITA' " tanto per fugare ogni dubbio.

febbraio 19, 2012

Di orologi biologici e sveglie rotte

Al collega con la fidanzata che fa pressing per mettere in cantiere un bebè sono solita raccontare che a me l'orologio biologico è scattato a 29 anni quando sono diventata zia e per la prima volta nella mia vita ho avuto occasione di tenere in braccio un neonato, percepirne il calore, annusarne il profumo, eccetera eccetera.
In quel periodo vedevo bambini ovunque e andavo dichiarando che un figlio l'avrei fatto anche in quel momento lì ma non c'erano i presupposti economici. Poi mio nipote cresceva, io intraprendevo un percorso nuovo e l'orologio biologico si è assopito. Diciamo pure che così come era scattato, è svanito. (Leggi: collega, tieni duro, magari le passa).
A 32 anni divento comunque mamma perché nei nostri progetti c'era una famiglia, possibilmente numerosa. Ci arrivano due gemelli quindi anche su quel fronte siamo stati esauditi. Anche lì, nonostante il doppio arrivo andavo blaterando che io un terzo figlio lo avrei fatto tranquillamente e in effetti proprio di recente mi son sentita dire che i primi mesi dopo la nascita dei miei bambini trasmettevo una profonda serenità. Lo sguardo liquido alla vista delle pance altrui poi non ve lo sto a raccontare.
Questa era la premessa.
Il fatto è che ieri, a una cena tra parenti alla lontana, avevo al mio fianco una bimba di sette mesi (bella come il sole) in braccio alla sua nonna e stamattina riflettevo che a parte buttar lì una frase scontata tipo ma è una bambolina!, proprio uno splendore! non me la sono filata per niente (la bambina, non la nonna eh!). Non le ho preso la manina, non ho chiesto di tenerla un secondo in braccio e non perché mi sono imposta di non farlo (che di norma sarebbe cosa buona e giusta) ma perché non ci ho proprio pensato. 
Cosa mi sarà successo? Dico al consorte. Questi due mi hanno rovinata! 
E allora mi è venuta in mente una cosa che ha scritto Serena Sabella su Donna&Mamma di questo mese e che ho trovato perfetta:
"In ogni caso, la maternità ti cambia radicalmente la vita, spesso in meglio, ma la difficoltà nel vivere la quotidianità - nascosta dietro al romanticismo e alla magia - è direttamente proporzionale al numero dei figli.
La buona notizia è che dal secondo in poi dovrebbe essere tutto in discesa.
Dicono."
Voi che ne pensate?

febbraio 07, 2012

Momento rock

Lui è dolce, sorridente e indipendente.
E' il mio topolino quando scende dal letto e zampetta silenzioso per il corridoio.
E' il mio cangurino quando salta contento.
E' il mio gattino quando beve il latte tutto d'un fiato e si lascia i baffetti bianchi.
Lui è quello che da me forse ha ricevuto meno. Non per scelta. Ma perché il suo gemello chiedeva di più.
Lui è il mio ometto, fine, delicato, dolce come una caramella ma in piena fase di contestazione.
Vuole giocare per conto suo ma poi cerca il fratello.
Vuole fare le coccole nel lettone ma poi va a dormire nel suo lettino.
Vuole quello che vede. Tutto.
E vuole fare da solo.
La mattina è sempre un match: vuole scegliere i biscotti per la colazione, vuole versarsi il latte e berlo freddo.
Ieri voleva il suo finestrino ripulito (dal ghiaccio) come il parabrezza, la cintura di sicurezza larga (!) e non voleva la musica (al contrario di suo fratello). Voi capite.
A cosa giochiamo? A tirare la corda finché la donna (che non è di ferro) sbotta. Meno male che è chiusa in macchina. E fuori non la sentono.
Lui mi  sfinisce con le sue prese di posizione ma poi  mi azzera con la sua dolcezza infinita.
[Se] Condomè, come direbbe lui, è il suo momento rock. E noi ci mettiamo a ballare.

Sondaggio fuori tema:
Avete un blog? Da quanto?
Il mio è ancora aperto perché mi sembra che nella frenesia della vita coi figli tutto sfugga ed è un bel modo per  fissare un ricordo. Oddio, potrei scrivermi anche un diario privato ma non sarebbe la stessa cosa. Qualche volta ci penso su.
Voi perché ne avete aperto uno?