agosto 02, 2011

Post pacco (evviva le vacanze)

Siamo in partenza. O quasi.
Destinazione mare.
Bagagli ancora da mettere insieme.
Vacanze strameritate. Come al solito. Come per tutti. E che di riposo non saranno (giàlosappiamo) ma di totale dedizione ai nostri piccoli. Non vedo l'ora di vedere la loro faccia quando entreremo nella nostra casetta delle vacanze che sarà piccinapicciò ma adatta a noi (non ne sono sicura ma me la sono immaginata così, speriamodinonsbagliarci!).
I mesi che ci lasciamo alle spalle sono stati pesanti. Ma forse non così tanto.
Ho scoperto che le assenze di lavoro del papà sono più gestibili di una volta. Che è bello buttarci sul lettone a leggere le favole e poi (eccezionalmente) far dormire uno dei due al posto suo. Che a volte è bello anche apparecchiare la tavola per tre e cenare coi miei piccolini che tanto piccolini non sono più.  E' bello anche nasconderci nello sgabuzzino quando lui torna e gridargli sorpresa! E lui lo sa che siamo lì, perché il posto è sempre lo stesso e Mattia scoppia a ridere. Sempre.
Ho scoperto che anche se diverso da prima, gestire i bambini da sola è pur sempre tosto (tanto di cappello alle donne sole, se lo meritano davvero!).
Ho scoperto che ciclicamente nella vita c'è il turn over delle amicizie. Finiscono. Qualche volta è doloroso. Sembrerebbe fisiologico nell'età adulta. Non so se capita anche a voi.
Comunque, con questo pienone di consapevolezze (echimifermappiù!) chiudo questo post (un po'  pacco,  come direbbe il consorte) e me ne vado in ferie. Mi porterò i miei dieci, dodici libri da leggere (è chiaro che ne leggerò al massimo due, ma mi piace poter scegliere e accumulare peso e volume tra i bagagli). Porterò tutto ma proprio tutto quello che mi potrebbe servire [ma non mi servirà] e dimenticherò, come al solito, la cosa fondamentale. Ma vabbe'.
Auguro delle meravigliose vacanze a tutti quelli che passano di qua.
Ci rivediamo presto su questi schermi.

luglio 27, 2011

La cucina non è il mio forte

Sabato mattina. 
I due giocano "alla cucina". Che ultimamente vuol dire riempire due pentoloni di giocattolini di piccola misura (macchinine, vagoncini di legno, palline e simili) e servire quella pappa lì a te. Tieni mamma, mangia!
A un certo punto, indicando la cucina a gas, uno dice all'altro: facciamo pappa lì. Dove la fa mamma.
Il fratello ribatte: noooooo mamma. Papà fa pappa lì. Perché mamma si brucia!

Ai ragazzi non è sfuggita la leggendaria latitanza della mamma ai fornelli. E hanno elaborato una loro personale interpretazione:

1) I fornelli sono pericolosi.
2) Il papà (uomo noto per il suo coraggio) cucina al posto della mamma.
3) Così la mamma non si brucia.

Questa è la voce dell'innocenza. Ma anche l'amore incondizionato per la mamma.

luglio 18, 2011

Di ansie e aquiloni nel parco

Mancano otto, dico otto giorni alla fine dell'asilo nido. Ve lo devo dire che mi assale già la malinconia mista ad ansia? Ché l'anno prossimo si andrà alla scuola dei grandi e l'idea di un nuovo inserimento mi prende non male, di più. 
Ho chiesto un colloquio con la loro maestra (quella che stanno per lasciare) tanto per fare un bilancio di questi due anni. Mi ha detto che sono due tipi in gamba, sono cresciuti tanto, sono bambini sereni e che si fanno volere bene. Riguardo alla timidezza con le persone nuove o che frequentano poco (che è il mio cruccio) mi ha ribadito che non è un problema, che non dipende da me, da come sono fatta io, da come mi rapporto io con loro (che è l'altro mio Grande cruccio) ma che è un tratto caratteriale, non ci posso fare nulla. Hanno bisogno di più tempo per entrare in confidenza con le persone, non bisogna prenderli di petto. E allora? Mi dice lei. Perché la vivi come una cosa negativa? Eh, già. Perché la vivo come una cosa negativa? Be', forse perché me lo fanno notare gli altri. O forse perché chi è più sfrontato normalmente ha vita più facile. Non è così? 
Mi ha suggerito di vivere l'ansia di questo nuovo inserimento in modo positivo. Ecco. Parliamone. Qualcuno mi spieghi come si fa. Cioè, io in genere non soffro d'ansia. Ultimamente per il lavoro credo di averne sofferto un po' e mi sono convinta a prendermi un anticipo di vacanze, insieme a una boccetta di Rescue Remedy. Ma questa è un'altra storia.
Comunque, tornando a noi. Venerdì usciti dal nido siamo stati tutti insieme (genitori, bimbi e insegnanti) in un parco poco distante per la festa degli aquiloni, con pizzata a seguire. Sarà stata l'euforia dei piccoli, sarà stato il trancio di pizza dopo un pomeriggio di "fatiche", sarà stata la birretta fresca all'aria aperta con gli altri genitori mentre i bambini se ne stavano nel loro tavolo a mangiare, miracolosamente seduti e tranquilli (e di tanto ci sbirciavano: loro a noi!) ma è stata proprio una bella festa. Di commiato. Ma bella. 

luglio 03, 2011

Voce del verbo gettare dal balcone

Il titolo è sufficientemente esaustivo?
A volte i miei figli, presi da raptus, euforia, noia o nel bel mezzo di un gioco hanno buttato qualche oggettino dal balcone. Tipo un pupazzetto di peluche a forma di tartaruga che loro chiamavano "numa", le loro bottigliette del tè, trenini mignon in legno, palline di varie dimensioni e cose così.
Le dinamiche di solito sono due: a) fase di stupidera estrema, Mattia - codardo - incoraggia il fratello a fare l'insano gesto. L'altro, sensibile a qualsivoglia provocazione, esegue prontamente. Oppure b) i due stanno giocando amabilmente, a un certo punto scatta la rissa e per sfregio uno dei due compie il reato.
Il problema principale è che abitiamo all'ultimo piano di un condominio. La fortuna è che il balcone dà su una tettoia di lamiera; quella dei negozi dei portici sottostanti. In teoria non dovremmo ammazzare nessuno. In pratica be', ecco, non si sa mai.
L'altroieri hanno buttato giù una macchinina che pesava mezzo chilo tutto.
C'è stato un boato.  
Oggi tuo figlio ci ha fatto spaventare, ci ha detto quello di due piani sotto.
Ammazza, quelli del negozio avran pensato a  un meteorite. Mentre mia madre - in casa con loro - non s'è accorta di nulla. [?]
Dal momento che i nostri rimproveri a poco sono serviti, ieri la nonna ha chiesto al portinaio pubblica ramanzina. Lui si è prestato e lì in cortile l'hanno ascoltato zitti zitti, poi quando se ne andato ai due è venuto un po' il magone.
Chissà se l'avranno capita.

giugno 18, 2011

Quando si dice chiedere la luna

La premessa è che a volte mi sento l'Ufficio Complicazioni Affari Semplici.
Avete presente quando siete a casa da sole da tempo immemore, siete un po' stanche, è fine giornata, siete reduci da una festa all'asilo, decisamente provate dall'improvvisa temperatura tropicale, i bambini sono tutto sommato tranquilli e voi ve ne uscite con un "bambini, lo sapete che stasera c'è la luna rossa? dai, sdraiamoci sul lettone con le finestre spalancate così la vediamo arrivare!". Poi, ci piazzate pure una spiegazione poetica del tipo che la luna diventa rossa perché si abbraccia col sole e a loro l'idea fa proprio simpatia.
Solo che si son fatte le dieci e quella non si è ancora palesata. Ne' bianca, né rossa. E loro son belli svegli, in trepidante attesa. Lì, vi date del genio da sole, e poi tentate l'affondo "facciamo così, voi fate la nanna che quando arriva la luna, la mamma vi sveglia" (cosa assolutamente improbabile ma in qualche modo tocca chiuderla la serata).
Apprenderete poi a vostre spese che ai pupi le balle, grosse o piccole che siano, è meglio non raccontarle. Perchè voi gliele buttate lì con nonchalance mentre loro le registrano, le incasellano e ve le ripropongono quando meno ve l'aspettate. Tipo alle sette del mattino seguente quando ancora nel mondo dei sogni, udirete una vocina: "mamma, andiamo a vedere la luna?"
E quando gli spiegherete che a quell'ora quella sciocchina della luna non c'è, vostro figlio replicherà: "mamma voglio lunaaaa!"
E allora metterete su la moka, accenderete il portatile e cercherete su google una bella luna rossa:
"ecco, guarda, la mamma ieri le ha fatto la foto!"
Eddai, lo so, le balle non si raccontano. Ci sono ricascata, d'altronde dovevo pur uscirne.

giugno 14, 2011

L'insetto, la paletta e la mamma politicamente scorretta

C'è un insetto in balcone. E siccome a me gli insetti fanno schifo: bambini, via di lì che quel coso punge! E chiudo la finestra.
Tempo dieci minuti si muore di caldo. La riapro. Loro guardano incuriositi. Sapete che c'è? Acchiappo la paletta della scopa e stecchisco l'insetto, soddisfatta. Loro osservano perplessi. Poi Mattia si lancia nel racconto arzighigolato di un ragno (o bruco, o millepiedi, o simile) che era entrato in classe al nido e che la Betta - l'educatrice - e la Pina - la commessa - hanno acchiappato e buttato fuori dalla finestra (a proposito, com'è che all'asilo si chiamano commesse e a scuola bidelle?).
E lì realizzo che io anziché stecchire l'insetto davanti a quattro occhi innocenti potevo raccoglierlo con la paletta e buttarlo giù dal balcone. Ma mica ci avevo pensato. Allora arriva l'ideona: ma bambini, non è mica morto! La mamma, PAM, gli ha tirato una palettata in testa ma tra un po' si sveglia e se ne va! 
Cosa altamente improbabile dal momento che giace spiaccicato sul pavimento, ma vabbe', ormai l'ho detto.
Loro la prendono sul serio. Si mettono a fare le ronde per controllare la situazione: mamma è ancora lì!
E poi chi arriva in soccorso alla madre snaturata? L'esercito di formiche che ogni estate invade il mio balcone e che di nascosto dai due si è caricato in spalla l'animaletto spiaccicato e lo ha fatto sparire.
Alla ronda successiva, il miracolo è avvenuto: mamma, non c'è più! dice Christian. Eh, sì. Domani torna! precisa Mattia.
Sì. Certo.
E ancora una volta sperimento le funamboliche spiegazioni delle piccole grandi cose della vita. Solo che ultimamente ci vado giù pesante con la fantasia.

giugno 09, 2011

Dai un bacio a chi vuoi tu

Bella lamandelina 
che lava passoletti
per i poverini
della città
guarda in su
guarda in giù
dai bacio a chi vuoi te

Niente. C'è che è una settimana buona che Mattia è diventato loquace. Ma di brutto. Nel senso che a casa non smette mai di parlare, di spiegare, di specificare, di precisare. Il meglio lo dà con suo fratello, of course. Non sta zitto un attimo. Nel week end l'abbiamo beccato intonare questa cosa qui. In questo modo qui. E ci ha fatto sorridere.
Stasera gliel'ho fatta cantare tre volte e ai passoletti me lo mangiavo di baci, macomessifà!
Insomma alle canzoni non c'eravamo ancora arrivati. A parte questo ritornello che intonano (stonati) dallo scorso anno:   
se ice mani! 
(che se indovinate che canzone è, vincete un premio seduta stante!)

giugno 04, 2011

Quello che avreste voluto sapere dello spannolinamento ma anche no

Questo post è dedicato a Silvia, Erica e Elena che proprio in questi giorni sono alle prese con lo spannolinamento e a Enza che mi ha ricordato che il blog è fermo ai primi di maggio e mi ha motivato a scriverci di nuovo.
Noi il pannolino lo abbiamo tolto lo scorso anno, quando "avevamo" due anni e tre mesi circa. E come volevo scrivere allora, questo è il mio personale decalogo per riuscire nell'impresa:
1 - non ascoltare tua madre che ti dice che ti ha tolto il pannolino in una settimana quando avevi 1 anno e 7 mesi ed eravate in vacanza a Caorle in un appartamento col pavimento in ceramica (che si prestava alla causa).
2 - essere consapevoli che ci si mette di più di quanto ti raccontano i libri: i sette/quindici giorni dei manuali sono una balla per metterti ansia quando sono finite le tue due settimane di vacanza e non hai ancora completato l'opera (ecco, magari evitare di abbinare l'ingrato compito alle tanto sospirate ferie, come ho fatto io...).
3) ammettere a noi stesse che talvolta più che il bambino, siamo noi mamme a non essere pronte perché lo sbattimento è notevole, inutile negarlo (io con Mattia ero decisa a lasciar perdere, vabbe' non è pronto, mi sono detta, invece a settembre le educatrici al nido mi hanno spronato a non farlo, mai tornare indietro se si è già iniziato un percorso e così è stato...).
4) accettare che prima o poi la sfuriata a tuo figlio gliela farai: perché sembrava aver capito tutto e invece la rifà nel posto sbagliato. Sì, non si dovrebbe ma gliela farai. Perché non sei mandrake, sei una mamma.
5) avere ben chiaro che nello svezzamento da pannolino la pipì è una storia e la cacca tutta un'altra (ma và?!! vabbe', chi ha spannolinato o è nel bel mezzo dell'avventura sa cosa intendo).
6) che il pannolino deve scomparire per sempre sennò fuorvi il bambino è un'altra palla. Io all'occorrenza lo rimettevo, tipo se stavo andando in un posto in cui "volevo stare tranquilla". Le stesse educatrici al nido mi hanno consigliato di portare Mattia al mattino col pannolino sotto e la mutandina sopra e poi glielo toglievano loro...
7) ricordarsi che c'è un (altro) percorso nel percorso perché c'è chi usa il vasino, chi il riduttore e chi solo adesso sta imparando a sorregersi nel water dei grandi ché tanto non si finisce giù. Noi abbiamo usato tutti e due.
8) sapere che il pannolino di notte glielo togli più avanti e quando è un mese che lo trovi asciutto e ti sembra il momento giusto, il mattino dopo lo ritroverai bagnato e rimanderai. A oltranza.
9) avere ben chiaro che ogni gemello è un bambino a sé - di nuovo: ma va'?!! - e può capitare di averne spannolinato uno e l'altro ancora no. Siccome non mi capacitavo che Mattia fosse "rimasto indietro" avevo comprato il libro "Le piccole avventure di Margherita: il vasino" tanto per dire che le avevo tentate tutte. Si poteva tranquillamente farne a meno.
10) la regola delle regole: quando smetti di pensarci, ti accorgi che hanno imparato a fare anche questo

Quante prime volte!

maggio 08, 2011

Di screening, annessi e connessi


E poi c'è lo screening oculistico al nido. Tu gli raccomandi di non fare storie, di non mettersi a piangere, che la dottoressa gli chiederà di guardare qualcosa e loro dovranno dirle cosa vedono.
Va bene?
Sìiii.
Oh, mi raccomando!
Sìiii.
Che poi più che altro ti raccomandi con Mattia che è un fifone scelto, che si metterà a piangere di sicuro. Christian invece è un tipo tosto, di recente al pronto soccorso è stato coraggiosissimo.
E poi entri dalla dottoressa.
Ciao, come ti chiami? Scena muta.
Quanti anni hai? Scena muta.
Guarda che bel quadretto, dimmi cosa ci vedi. Scena muta.
Ci sono tre oggettini. Mi dici cosa sono? Scena muta.
Vuoi indicarli con il ditino alla mamma? Scena muta.
Il tutto col magone in arrivo. Mattia apre bocca solo per miagolare "naso sporco mamma".
Ma anche suo fratello è così timido?
Nooooo, l'altro è più estroverso...
E' poi entra Christian, che ripete la scena paro paro, magone a parte. Perché lui la tipa non la teme, la snobba proprio. E per non smentirsi, in qualità di gemello, apre bocca per dire una sola cosa, giusto giusto identica al fratello: "naso sporco, mamma" (che poi è pure strano perché lui è quello che aaaargh, si snaricia con la manica)
Morale: lo screening è fallito. Miseramente.
Lei comunque più tardi glielo domandi cos'hanno visto nel quadretto. Spesso poi lo dicono. Ti spiega la dottoressa con la voce modulata ad arte, che poi ti è venuto il dubbio che il problema fosse proprio quello. Che ai bambini tocca rivolgersi con grazia ma soprattutto con naturalezza senno il pupo lo capisce che cerchi di arruffianartelo e si chiude a riccio.
E allora la sera a cena glielo dici: eh però che figuraccia che mi avete fatto fare. Non avete spiccicato una parola. Ma poi cosa ci avete visto in quel quadretto lì?
E lì, come se niente fosse: macchinina, stella e...gattino! Zac. Tuttodiunfiato. Come da copione.

aprile 16, 2011

Sull'arte di soffiarsi il naso

Cambiamo genere. Basta parlare di quanto sei donna disorganizzata. Basta menarsela sul fatto che lavorare, la casa, i pupi, un marito itinerante, eccetera eccetera. Che poi lo fai perché nessuno ti dice brava e allora te lo dici da sola. Oggi si parla di tappe. Raggiunte o da raggiungere. Si parla di cose da insegnare ai pupi. Si parla di soffiarsi il naso. Che se voi ci siete riusciti, spie-ga-te-mi co-me-si-fa.
Ci sono due bambini e due modi di adempiere al simpatico compito: uno peggio dell'altro. Christian utilizza il suo braccio destro (argh!). Presente come?  Roba che hai visto che sta per farlo, tenti di fermarlo ma lui si è già passato l'intera manica sotto il naso gocciolante (aargh!). Mattia, che tempo fa usava il palmo della mano (aaargh!)  ha finalmente immagazzinato il concetto che ilnasononsipuliscecosì e all'occorrenza blocca qualsivoglia attività e si mette a miagolare. Tu ti spaventi a morte, ti avvicini e sistematicamente scopri che sta farfugliando nasosporcomamma  e glielo pulisci. Salvo poi infilargli un kleenex in tasca e dirgli ecco, arrangiati da solo.
Sul come soffiarsi il naso - nel senso di buttar fuori l'aria e tutto il resto - siamo ancora in altissimo mare. Questi si mettono il fazzoletto sotto il naso e poi fanno una pernacchia con la bocca. L'effetto acustico è lo stesso. Ma solo quello.
Che poi ti dici machesaràmai, un anno fa gli ho tolto il pannolino! E invece no. Perché lì c'è la scadenza psicologica che lavora sottocoperta, che i pannolini costano un botto e il mondo ti dice che si tolgono a due anni (o almeno ci si prova) e che se non lo fai nei mesi caldi tocca aspettare l'anno dopo. E allora uno si motiva. Invece sul naso stai battendo la fiacca. Ditemi che è un'altra di quelle cose che apprendono magicamente da soli: attenderò il miracolo, fiduciosa.

aprile 05, 2011

Winnie the Pooh e il suo dentifricio

Dimenticare - a oltranza - un sacchetto di mele nel portabagagli. Non avere il coraggio di guardare che cosa ne è rimasto.
Comprare un pacchetto di lenti usa e getta. Perderle. Ritrovarle per caso, una vita dopo, sempre in auto, sotto il sedile.
Domandarsi se per caso il problema è la tua auto, anziché la frenesia della tua vita.
Avere gli armadi perennemente in bilico tra una stagione e l'altra. Considerare che ti ci vorrebbe una settimana a casa per renderli utilizzabili.
Accorgerti che ti mancano i generi di prima necessità: rotolone scottex di carta casa, merendine e succhi di frutta. Non so da voi ma qui vanno via come il pane.
Avere la casa in stato di caos perpetuo. Considerare che per averla in ordine non ci devono essere i bambini. Per non esserci i bambini ci deve essere l'asilo. E per esserci l'asilo deve essere giorno feriale. E se è giorno feriale tu sei al lavoro. Realizzare che per vedere la tua casa in ordine un certo numero di ore consecutive dovresti metterti in ferie. Masepoffà?

"Laura, io stamattina mi sono lavata i denti col dentifricio di Winnie the Pooh: il nostro l'ho finito tre giorni fa" racconta la collega, bi-mamma come me.

Niente da fare. L'unico modo per accettare il caos primordiale e non sentirti eternamente inadeguata è frequentare gente come te. Al bando tutte le altre.

marzo 30, 2011

L'arte del posticipo


Oggi pomeriggio andiamo a tagliare i capelli...
Noooooo. Dopo.

Dai che ci laviamo i denti...
No, mamma. Domani.

Andiamo a fare il bagno?
Sìiiiiiiiiiiiiii. I capelli no. I capelli dopo.

Poco meno di tre anni e già si dilettano nell'arte maschile per eccellenza: posticipare all'infinito quanto meno li aggrada. La mamma, d'altronde, eccelle nell'arte (femminile) della chiacchera: parla troppo. Meglio metterli davanti al fatto compiuto.
Ma anche coi vostri pupi guai a toccar loro le chiome?

marzo 09, 2011

Ma il ciuccio?


Stasera nella sessione di coccole prenanna parlavamo di togliere il ciuccio. Che alla veneranda età di 2 anni 10 mesi e 5 giorni si potrebbe anche pensare seriamente di eliminarlo. Meditavo la cosa già la scorsa estate ma c'era il pannolino da togliere e mi sembrava troppo. Ho pensato all'estate che sta per arrivare, prima di settembre però che poi c'è il nuovo asilo e già mi viene l'ansia all'idea di inserirli in una realtà nuova. Sarà che io sono sensibile ai cambiamenti e quando le novità toccano a loro, le patisco pure io. Vorrai mica togliergli il ciuccio, mandarli in una nuova scuola, che già sei mamma lavoratrice e per definizione assente? Ma quanti traumi gli vuoi dare ai tuoi figli tutti insieme?
E allora mentre facevamo le coccole l'ho buttata lì: vi va di regalare il ciuccio alla dollina visto che siete diventati grandi? E loro mi hanno risposto di sì.
Com'è?
Ma quando glielo regalate? Mi hanno risposto domani.
Ah, ecco. Mica subito.
Parliamo della dollina. E' il loro oggetto transizionale. Sì, abbiamo pure quello, embè?
Comunque il punto è che quando li guardavo accoccolati, col loro ciuccio in bocca, quasi quasi mi è venuta la malinconia. Un po' come quando sai che farai una cosa per l'ultima volta. Del tipo che io deliberatamente stabilisco che da domani in poi non possono più consolarsi in quel modo lì quando sono stanchi. Anche se sono grandi son sempre piccini. Sono scema? E vabbe'. E poi gli ho rifilato questa cosa strappalacrime che quando non ci sarà più il ciuccio e si sentiranno tristi basterà che chiedano un abbraccio alla mamma che la mamma glielo darà. Insomma, una roba da svenarsi, che mi sono rattristata da sola.
Sunto: loro all'asilo fanno la nanna senza dollina e senza ciuccio da nove mesi. A casa non ci siamo mai presi la briga di fare lo stesso. Forse per pigrizia.
E allora io sta storia che sono grandi gliela propino a manetta per un po' di sere e aspetto di vedere che succede. Magari avviene il miracolo e ci rinunciano da soli. Dicono che a volte succede. Dicono.
Poi più avanti ci sarà il cinema di togliergli la dollina. E' peggio delle scatole cinesi: mestiere difficile quello dei genitori.

marzo 07, 2011

La mia top ten


1) "Rieri" di Trasparelena (ieri)
2) Il "compiere" di Twinsbimamma (il pompiere)
3) La "gegia" di Visto da Lei (l'acqua)
4) Il "temmofifone" di Silvia (il termosifone)
5) Il "cimena" di Chicca (il cinema)
6) L"otuk" di Carpina (lo yougurt)
7) Il babbo Natale che si "allampaca" di Donata (si arrampica)
8) "Zì" di Franci (sì)
9) I "pimi" di Heddi (i pomodori)
10) FUORI GARA PERCHE' ME L'ERO DIMENTICATO "mamma Uaua" che starebbe per mamma Laura (mamma al quadrato). Ma quanto è carino?

Non c'è premio. Va bene lo stesso?

febbraio 25, 2011

Il massaggio col formaggio


L'abbiamo già detto che ciclicamente ci si inventa un tormentone che riempie le nostre chiacchiere a tempo indeterminato per poi sparire senza un perché, lasciando il posto a qualcosa di nuovo?
Più che altro sono io che mi invento dei modi di dire coi bambini e vado avanti con una tiritera finché non mi viene a noia.
Questa volta la premessa è che da brava madre lavoratrice, perennemente succube dei sensi di colpa, la sera i miei figli me li strapazzo non poco: li coccolo, me li mangio di baci e li vizio pure. Ultimo trend è quello del massaggio alla schiena, anche detto "grattino" per conciliare il sonno. La tata Lucia mi metterebbe alla gogna per questa insana abitudine. Ma io me ne frego perché il contatto fisico con loro per me è come l'aria. Senza (a volte) non respiro.
Comunque l'altra sera guardo Mattia e gli dico: dai che ti faccio un bel massaggiocolformaggio! Lui mi ha guardato sospettoso e ha cominciato a dire nooooooo, pure un po' scocciato. Poi l'ha capito che non volevo spalmarlo a mo' di sandwich ed è scoppiato a ridere.
Adesso se gli dico: vuoi un massaggiocolformaggio? mi risponde sìììììììììììììììììììì!
Il papà osserva e tace, perplesso.

P.S. A breve la top ten del post precedente.