Domani colloquio con le maestre. Su mia richiesta. Del momento rock di Christian ho già parlato. Non ho raccontato invece che nelle stesse settimane le insegnanti mi buttavano lì messaggi fugaci: ultimamente mangia poco, stranamente ha rifiutato una fetta di torta, cerca molto di più suo fratello (che è in un'altra classe), ci sembra più fragile. Ma mica detti tutti insieme: un input alla volta. Che io ci ho impiegato un po' a mettere insieme il puzzle. Poi succede che una mattina quando lo accompagno gli viene il magone, non mi vuole lasciare, mi chiede se lo vado a prendere e io gli rispondo che no, viene la nonna. Così la sua maestra, proprio davanti a lui mi chiede se per caso quel giorno lì non riesco ad uscire prima per andarlo a prendere. Che son cose che si fanno davanti a un bambino, no? Così io le rispondo che sì, uscirò prima ma così facendo non risolverò il problema perché l'indomani (dal momento che io lavoro) tornerà a prenderlo la nonna. Poi lo guardo e gli dico: oggi, viene la mamma, ok? Al che lei mi dice che magari il bambino ha bisogno di passare più tempo con me e io preciso che indubbiamente il bambino è in crisi ma che io la sera quasi neanche cucino (lo faccio fare a mio marito) quindi come varco la soglia di casa mi dedico completamente a loro. Così lei ribadisce che allora il bambino deve solo accettare il fatto che la mamma lavori. E io mi sento di precisare che lavoro da quando loro andavano al nido e che sì, insomma, la cosa credo l'abbiano metabolizzata...
E allora ci penso su, ne parlo col consorte: loro lo vedono strano e probabilmente ipotizzano un cambiamento o un disagio nell'ambito familiare (con la mamma lavoratrice come ciliegina sulla torta). Noi ipotizziamo che qualcosa sia cambiato all'interno della sua classe.
Dal momento che il senso di colpa nella mamma lavoratrice è di serie, mica un optional, ho proposto a mio marito le mie belle teorie psicologiche sulle paturnie di mio figlio. Lui che è un tipo pragmatico me le ha bocciate tutte e ha poi concluso dicendo: vedrai che è successo qualcosa in classe, loro hanno troppi bambini da seguire e non si sono accorte di niente. (Io ho molta più fiducia di lui nel corpo insegnante, ci tengo a precisarlo).
Dal momento che il senso di colpa nella mamma lavoratrice è di serie, mica un optional, ho proposto a mio marito le mie belle teorie psicologiche sulle paturnie di mio figlio. Lui che è un tipo pragmatico me le ha bocciate tutte e ha poi concluso dicendo: vedrai che è successo qualcosa in classe, loro hanno troppi bambini da seguire e non si sono accorte di niente. (Io ho molta più fiducia di lui nel corpo insegnante, ci tengo a precisarlo).
L'indomani quando li accompagno, non contenta, riprendo l'argomento con l'insegnante: così tantopersapere ma Christian ha socializzato nella sua classe? Risposta: eh, in effetti un po' pochino. Avrei voluto controbattere con un cosa aspettavate a dircelo? Ma ho lasciato perdere. Nel frattempo sono passati quindici giorni. La maestra mi ha detto che sta andando meglio, e che lo ha osservato molto. Io ho appreso dell'esistenza di tale Antonio (che loro chiamano Lantonio), una figura quasi mitologica, a tratti un bambino molesto e a tratti er mejo del gruppo. L'istinto dice che in tutta sta storia c'è pure il suo zampino. Comunque, dicevo, domani ho il colloquio. Nel dubbio mi presenterei con un cartello con scritto "LAVORO PER NECESSITA' " tanto per fugare ogni dubbio.