Siamo arrivati. Finalmente. Questo viaggio mi è sembrato infinito. Mica per niente. Tragitto Milano-Genova: Mattia soffre il mal d’auto, è ufficiale. Christian per solidarietà gli ha fatto compagnia ma con moderazione. Numero quattro cambi maglietta nell’arco di due ore.
Ci mettiamo in coda per la nave (che confermo essere grande, perlustrabile con passeggino e attrezzata per ospitare bambini di ogni età che in effetti erano numerosissimi). I due si riprendono alla grande, fortunatamente. Adrenalina a mille. Appena entrati in cabina adocchiano il telefono per chiamare la reception e inizia la loro prima litigata in sei metri quadrati.
Arriva il consorte con bagagli al seguito e scopriamo che il nostro frigo portatile ci ha dato forfait, insieme a tutto quanto di fresco c’era dentro. E meno male era nuovo di zecca…
Ce ne andiamo a zonzo per un po’. I bambini sono euforici. A tarda ora ci rendiamo conto che non hanno capito che in quel posto lì ci devono anche dormire: ci applichiamo per trasmettere loro il concetto e in dieci secondi di svista, Christian prende in pieno lo spigolo del comodino. A due cm dall’occhio. Ci precipitiamo in infermeria: mamma in down totale, Christian sorridente appena applicata la medicazione, in braccio al papà che ha sempre i nervi saldi quando serve.
Almeno venti volte ho desiderato dire a mio marito mannaggia a te e a quella volta che ti è venuto in mente di prendere la nave. Almeno dieci volte ho pensato di dire al mio caro consorte mannaggia a te e alla tua Sicilia, che potevano andarcene in Riviera. Almeno cinque o sei volte qualcosa di simile gliel’ho anche detto. Più volte lui si è mangiato la lingua e se ne è stato zitto perché in questi casi è più saggio di me.
Comunque siamo arrivati. C’è caldo, caldo e ancora caldo ma loro si sono ambientati. E questo è l’importante.
Che la vacanza abbia inizio. Con i dovuti scongiuri, s’intende.